sabato 10 marzo 2012

M31 - Call for Action - European Day of Action against Capitalism


31 MARZO 2012 - APPELLO ALL'AZIONE - GIORNATA EUROPEA CONTRO IL CAPITALISMO.

L’Europa e l’Unione europea (UE) sono in stato di emergenza. Da mesi si aggrava la crisi del credito e del debito pubblico. Nelle varie e ripetute conferenze i governi vagliano programmi per risanare il capitalismo in Europa. Secondo media e politica si andrebbe altrimenti incontro al collasso e alla recessione, oltre che al sorgere di una nuova povertà. Questa retorica catastrofista apre la via alle sfrenate riforme di mercato, che influenzeranno la nostra vita e la nostra società per decenni – se noi non ci opponiamo! Durante i primi anni della crisi si diceva che il capitalismo doveva essere domato, che banche e imprese avrebbero dovuto pagare i danni a cui avevano contribuito. Ma ciò che succede oggi é esattamente l’opposto: l’UE, i suoi singoli stati e paesi candidati all’adesione puntano a intensificare la concorrenza ed i risparmi, per creare “fiducia” e assicurare i profitti dell’economia privata. È così che confermano la logica distruttiva del capitalismo! Capitalismo vuol dire crisi e impotenza, povertà accanto a ricchezza privata. Organizziamoci per una società migliore!

La crisi è sistemica
La globalizzazione capitalista dei decenni passati ha intensificato la concorrenza tra imprese e stati. Tutte le grandi nazioni industrializzate hanno ampiamente deregolato i propri mercati. Hanno imposto tagli sociali, privatizzato beni comuni, limitato i diritti dei dipendenti ed aumentato il controllo sociale. Tutto nell’interesse di una sregolata crescita capitalista. Ma persino in Europa, nella zona benestante di questo sistema mondiale, la nostra vita si fa di anno in anno più insicura e la scissione sociale continua ad aggravarsi. Nei cosiddetti “mercati emergenti” la crisi sociale è in ogni caso permanente: espropriazioni e sfruttamento senza scrupoli sono appoggiati dallo stato per giustificare una crescita nazionale che in realtà raggiunge solamente pochi privilegiati. La trasformazione neoliberale dei decenni scorsi ha anche fatto straripare i mercati finanziari: sia il boom del dotcom, siano fondi immobiliari o la tratta di titoli derivati – da anni esplodono le bolle speculative, ad ogni boom segue una recessione. Non è colpa dell’avidità o della corruzione di una piccola élite, come spesso supposto. È colpa della giornaliera logica di mercato a cui tutti noi siamo costretti, uguale se lo vogliamo o no.

Scassinare il regime dell’UE
Nel 2011 la crisi monetaria e l’aumento del debito pubblico si sono acutizzati. Ad alcuni stati manca poco alla bancarotta, che in questo modo metterebbe in pericolo l’euro. A giudicare da valutazioni superficiali e populiste questi stati avrebbero “vissuto sopra i propri mezzi”. In realtà hanno cercato soltanto di creare una crescita economica tramite l’indebitamento. Si sono comportati come tutti gli stati, solo senza riscuotere nessun successo. Il sostegno economico, che ricevono dalla banca centrale europea (BCE) e da nuovi fondi di soccorso di miliardi di euro sono legati a vincoli senza riguardo. Allo stesso tempo un limite d’indebitamento dovrebbe rinnovare la fiducia nel mercato, naturalmente a sfavore di lavoratori, studenti e disoccupati. I profitti privati invece non si toccano. I paesi dell’est e sudest candidati all’entrata in Europa si trovano in una situazione analoga, infatti la UE e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) li incitano a vasti tagli e programmi di privatizzazione. Tutto ciò per rafforzare il regime di concorrenza che si trova in crisi e per salvaguardare le pretese delle nazioni dominanti in Europa. Malgrado ci siano disaccordi riguardo i particolari, Francia e Germania insieme sono riuscite ad imporre i propri interessi senza grandi difficoltà. Senza dubbio ci sono state proteste. Su tutto il continente si sono messi in moto movimenti di base, che cercano di liberarsi dalla propria impotenza. Ma finora né manifestazioni di massa né scioperi generali hanno ottenuto molto. I grandi sindacati tendono ad assecondare il proprio governo arrendendosi alle sue richieste. Tra i sindacati non c’è alcuna forma di solidarietà a livello transnazionale. Se vogliamo che cambi qualcosa dobbiamo occuparcene noi stessi!

Noi possiamo farlo meglio…
La politica europea per vincere la crisi è imprevedibile, basata sulla speculazione come lo è il capitalismo. Infatti, i programmi di risparmio possono provocare un instabilità economica come quella suscitata da uno sviluppo basato sul debito statale. Nel sistema capitalistico non esiste un sentiero sicuro. L’unica sicurezza è quella che passata una crisi ne arriverà un’altra da superare. E noi dovremmo sprecare la nostra vita per questo? Meglio combattere l’ideologia neoliberale e organizzarsi a livello europeo. Il 31 marzo sarà soltanto un primo passo. Le nostre manifestazioni in contemporanea nei diversi paesi europei sono più che un solo simbolo di solidarietà. Già da ora danno inizio a una discussione, creando una rete che coinvolge quasi tutta Europa. Invitiamo tutti i gruppi per l’emancipazione a prendere parte attivamente a questo progetto. Ci dobbiamo organizzare al di fuori delle istituzioni statali. La lotta sarà dura. L’impatto della crisi nei nostri paesi ha effetti diversi, però abbiamo tutti quanti un obiettivo comune: non vogliamo salvare il capitalismo, lo vogliamo distruggere! È importante difendere i diritti sociali già esistenti ed ora posti in discussione, ma la nostra prospettiva deve andare oltre. Noi vogliamo sbarazzarci delle costrizioni del capitalismo e delle sue istituzioni politiche. È questo l’unico modo in cui la diffusa richiesta di una “vera democrazia” possa realizzarsi.

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ACN/AKN - The Anti-Capitalist Network in Europe

giovedì 8 marzo 2012

mercoledì 7 marzo 2012

Sopravvivere, Resistere, Dissentire!


Dobbiamo accettare dei compromessi nell'azione concreta e quotidiana, ma senza accettare le compromissioni nel pensiero. Già questa è una forma di resistenza. La resistenza mentale all'impresa del "lavaggio del cervello" da parte dei media e il dominio devastatore del "pensiero unico". Dunque dobbiamo resistere... se pensiamo che siamo imbarcati in una megamacchina che fila a gran velocità senza pilota e quindi condannata a fracassarsi contro un muro. Resistere significa allora, tentare di frenare, tentare di cambiare la direzione se è ancora possibile. "Come", in verità nessuno lo sa. Dobbiamo anche pensare di poter lasciare il bolide e saltare al momento opportuno: è questa la dissidenza. Nei tre casi, il territorio e il senso del limite sono molto importanti perché il patrimonio locale è la base della sopravvivenza, della resistenza e della dissidenza, così come è la sorgente del senso del limite. Se a breve termine la strategia della sopravvivenza è la più importante, a termine medio, lo sarà la strategia della resistenza e, a lungo termine, quella della dissidenza. (Serge Latouche)

lunedì 5 marzo 2012

Resistenza in ogni città!


Il capitalismo è un crimine, resistere è un dovere!
Supporta il Network Anticapitalista (ACN/AKN)!
 http://stop-capitalismo.blogspot.it/

domenica 4 marzo 2012

Ora e sempre NO TAV!

NO TAV! NO MONDIALISMO!
Padroni a casa nostra!

Siamo contro il Tav perché riteniamo questa “grande opera”:
1 – INUTILE: tutte le previsioni sul numero di passeggeri e il volume del traffico merci dei prossimi anni stimano una diminuzione della domanda. La stessa linea storica esistente è sotto-utilizzata e su di essa è già attiva una linea Tgv che collega da anni Torino con Parigi (passando per Chambery; la variante con scalo a Lione è stata soppressa per mancanza di passeggeri!).
2 – DANNOSA: l’impatto ambientale e sociale dell’opera sarebbe invece incalcolabile. Nessuna risposta è stata mai fornita agli innumerevoli esposti di tecnici e istituti indipendenti sul rischio inquinamento da amianto e uranio (minerali ampiamente presenti nel sottosuolo valsusino). La lunga opera di costruzione prevede inoltre 20 anni di cantiere, scavi e trasporto di tonnellate di smarino (residuato dei lavori di scavo) su e giù per la valle che è una delle più antropizzate e industrializzate di tutto il paese, essendo già attraversata da una ferrovia, due statali e un autostrada.
3 – SPRECO DI DENARO PUBBLICO: la realizzazione di quest’opera comporterebbe un dispendio di denaro pubblico senza precedenti. Miliardi di euro estratti dalle finanze pubbliche per finanziare una vera e propria voragine di spesa difficilmente arginabile, dove nullo è l’investimento di capitali privati e massimo il “guadagno senza rischio” dei contraenti l’opera che si vedono regalati mezzi e capitali senza alcuna contropartita. Il costo di un km di Tav si aggira intorno ai 100 milioni di euro. Quanti letti d’ospedale, quante scuole, quanto stato sociale ci vengono sottratti da questa grande opera ? NO TAV = NO al DEBITO!
4 – FINANZIAMENTO ALLE MAFIE E AI PARTITI: l’architettura finanziaria che presiede alla realizzazione delle cosiddette “grandi opere” si articola in un sistema di appalti e sub-appalti in cui alto è il rischio di infiltrazione mafiosa. Un dispositivo che si rivela però molto utile per il finanziamento (poco trasparente) ai partiti politici che sono tra i principali sostenitori della realizzazione dell’opera.
5 – CHI DECIDE? – nella sua ventennale storia il movimento notav ha sperimentato forme di partecipazione e decisione politica molto avanzate che hanno costituito un esempio inedito di incontro tra soggetti tra loro eterogenei: amministrazioni locali, comitati popolari, collettivi politici e semplici cittadini. Le strategie e le direzioni di marcia sono sempre state decise insieme, in pubbliche assemblee, dove la sintesi del percorso comune non ha mai pregiudicato l’autonomia delle parti. Nella sua pratica quotidiana, il movimento notav ha posto una domanda cruciale per il futuro della democrazia nel nostro paese: a chi spetta decidere, quali processi permettono scelte condivise, chi può legittimamente parlare in nome dell’interesse generale?

Fonte:  http://www.notav.info/